domenica 28 marzo 2010

Oh Diogenes...and Milgram - 3

Nota: per seguire il filo bisognerebbe andare in ordine di pubblicazione, partendo da Oh Diogenes - 1.
A questo punto casca a fagiolo un esperimento che mi ha raccontanto un caro amico un giorno che mi ero lanciata in questo genere di elucubrazioni. Si tratta dell’esperimento di Milgram, iniziato nel 1961 pochi mesi dopo l’avvio del processo a Adolph Eichmann. L’obiettivo dell’esperimento è di studiare il comportamento di soggetti a cui un'autorità (nel caso specifico un uomo di scienza) ordina di eseguire delle azioni che potrebbero essere in disaccordo con loro i valori morali. I partecipanti erano divisi in due gruppi: allievi – che dovevano rispondere alle domande – e insegnanti, che valutavano le risposte degli allievi e li punivano in caso di errore. La punizione consisteva nell’infliggere una scossa elettrica, la cui intensità aumentava proporzionalmente al numero di errori commessi dall’allievo, fino a diventare molto pericolosa per la salute (450 volt). Per fortuna le scariche elettriche non c’erano e gli allievi erano in realtà collaboratori dello sperimentatore, che fingevano sia di sbagliare le risposte sia di soffrire inizialmente poco e poi sempre di più. Ma gli insegnanti non lo sapevano. Un – finto- biologo in camice bianco spingeva gli insegnanti a proseguire con le scariche nel caso di risposte sbagliate. Due su tre dei soggetti sotto sperimentazione hanno ubbidito fino all’ultima scossa di 450 volt, sapendo che questa intensità era pericolosissima per la salute. Perché? Che cosa spingeva delle persone “normali” a infliggere dolore ad altri? Secondo Milgram era proprio il senso di ubbidienza all’autorità rappresentata dall’uomo di scienza che conduceva l’esperimento. Ritroviamo quindi testata l’intuizione secondo la quale azioni tremende possono essere commesse per rispettare l'autorità, la legge, per senso del dovere. ù
AntoEnglish
Note: You should start with Diogenes - 1 if you want to follow my thoughts.
An experiment fits perfectly, which a friend of mine told me while I was wandering around with these lucubrations. I am talking of the Milgram experiment, begun in 1961 few months after the start of Adolph Eichmann trial. Its goal was to study the willingness of participants to obey an authority figure who instructed them to perform acts possibly conflicting with their morale values.
Participants were divided in 2 groups: learners – who had to answer to some questions – and teachers – who evaluated their answers and punished them in case of wrong answers, by administering them electric shocks. The more learners made mistakes, the bigger the intensity of the shock. Luckily there were not real electricity shocks and learners were actually actors who played as if they were suffering a lot and made many mistakes. A – fake – biologist pushed the teachers to administers bigger electrical shocks in case of wrong answers. Two out of three of experiment participants went up to the last 450 volts shock, knowing that this intensity was life threatening. Why? Why these “normal” people were ready to inflict strong pain to others? According to Milgram, people did it because they obey to the authority, in this case represented by the scientist. We have here a test of the intuition that terrible actions can be made to respect the authority, the law, the duty.

Oh Diogenes - 2

Rony Brauman
Torno a Todorov, che taglio, riassumo, copio e commento. Secondo l’autore i due regimi totalitari possono essere conosciuti in maniera razionale, contro l'opinione di chi pensa che le azioni di Hitler o Stalin siano folli, paranoiche. Postulare l’irrazionalità del male non è che un mezzo psicologico per proteggerci: pone un confine tra noi, i normali e loro, i pazzi. In realtà, continua sempre Todorov, la ragione serve sia il bene che il male, in questo senso alcuni mali sono estremi, senza essere radicali.
Ecco una base su cui posso poggiare la mia opinione che non esista differenza qualitativa tra loro e me. Non solo, sulla scia di Montesquieu si può dire nessuno è cattivo in maniera gratuita, ma esiste sempre una ragione, spesso d’interesse, per ogni azione. Continuando, possiamo immaginare che molti hanno ammazzato pensando di contribuire al bene dell’umanità, all’avvento di una società più giusta, più pura. Così posso far rientrare anche la citazione di B. Russell che ho messo come esergo. Non si può morire – né far morire – per delle idee perché… se fossero sbagliate? Quindi possiamo commettere azioni disumane credendo di aiutare l'umanità. Ma che cosa rafforza, aiuta, sostiene questa opinione? La propaganda aiuta, ma non è sufficiente e in alcuni casi - gli aspiranti fotografi in fila, ma anche i sudafricani se parliamo di propaganda strictu sensu - non si applica. Non si tratta neanche di una forza maligna e oscura di cui l'individuo sarebbe preda, ma secondo Rony Brauman*, sono il senso del dovere, il rispetto cieco della legge e dell’autorità, a costituire un elemento di risposta.
* R. Brauman è stato presidente di Medici senza Frontiere e ora ne dirige il centro di ricerca.
AntoEnglish
I go back to Todorov, whose book I cut, sum up, copy and comment. According to him, totalitarian regimes can be rationally known, therefore he disagrees with the opinion that Hitler’s or Stalin’s deeds are simply crazy, paranoid. Postulating the irrationality of evil we are actually is a psychological tool for us to protect ourselves, by interposing a barrier between them, the crazy ones, and us, the normal people. Reason, however, works with both good and evil, in other words some evils are extreme without being radical. Here I find a place for my opinion about the absence of a qualitative difference between them and me. We can go further with Montesquieu, by adding that nobody is bad gratuitously: there is always a reason, mainly of interest, in every action. We can imagine that many who killed other people, did so thinking to contribute to the good of mankind, to a more fair, purer society.
Thus I can make sense of the Bertrand Russell quote I put as an esergo on my blog : one can’t die – or kill – for his /her own ideas because…what if they are wrong?
Going back, we can make inhuman actions believing we are helping humankind. But what helps, supports, strengthens this belief? Propaganda helps but it does not suffice, and in some of my examples - people pushing others from a bridge, or South Africans killing immigrants in 2008 - it does not apply. It is not an obscure force haunting a person, but, according to Rony Brauman*, sense of duty, strict respect for law and authority are part of the answer.
* R. Brauman is the former President of Doctors without Borders and Director of its research centre.

Oh, Diogenes - 1

Ultimamente i libri che leggo incontrano i miei pensieri. Ne ho fra le mani uno di Todorov, Mémoire du mal Tentation du Bien, sui totalitarismi del XX secolo. Com’è possibile che una persona “normale” (un panettiere, un impiegato, un medico) possa diventare in determinate circostanze un torturatore, un assassino, un suo complice è una questione, considerandola dal punto di vista morale/psicologico piuttosto che politico*, che mi accompagna. Questo mio interrogativo si applica, in modo tristemente ovvio, allo stalinismo e al nazismo. Ma non solo. Mi avevano colpito molto gli omicidi degli immigrati da parte di sudafricani neri a Città del Capo nel 2008. Qui l’interrogativo diventa: come è possibile che persone che hanno vissuto sulla propria pelle la violenza, diventino a loro volta persecutori? E si lega, in un modo che non sono ancora riuscita a chiarirmi, alla memoria non sono individuale ma anche storica. Ma non solo. Il mio primo post su questo blog raccontava di fatti meno eclatanti ma secondo me comunque disumani, individuali e non storici o collettivi: persone che spingevano un’altra che voleva suicidarsi a buttarsi giù dal ponte, perché stava bloccando il traffico oppure altre, in coda per vedere un opera artistica, che fotografavano un signore a terra, appena morto d’infarto. Da una parte credo che tutti questi avvenimenti mi colpiscono perché impersonificano, esemplificano nella loro crudezza, il male. Ma, si può forse capire dagli esempi citati, non credo che questo male rappresenti un salto qualitativo, cioè sia proprio esclusivamente di alcuni individui eccezionalmente o radicalmente cattivi. Nei prossimi post proverò ad abbozzare delle considerazioni, facendomi tenere strettamente la mano da Todorov. * Ecco anche perchè H. Arendt sarà per ora assente AntoEnglish Books I’m reading meet my thoughts. Now I 've met Mémoire du mal Tentation du Bien, by Tzvetan Todorov, on totalitarian regimes in the 20th century. How is it possible that a “normal” person (a backer, an employee, a doctor) becomes in certain circumstances a torturer, a murderer or an accomplice, is something that has been haunting me over the years. This question, my question, is a moral/psychological more than a political one*. It applies, in a sadly obvious way, to Nazism and Stalinism, but not solely to them. I was for example impressed by the killings of immigrants by black South Africans two years ago in Cape Town. In this case the question becomes: how it is possible that people who suffered violence on their own skin (how we say in Italian) become perpetrators themselves? Here the questions links, in a way still unclear to me, to collective/historical memory too. And also, my very first post on this blog told about facts which in my opinion are still inhuman, yet less blatantly so: people who pushed another who was committing suicide to do it as he and she were blocking traffic, or others who, while queuing to see a work of art, shot pictures of the corpse of a man who had just died. On one side I think that these facts impress me as they embody evil. On the other, my example may reveal how – confusedly- I think about the question: I do not believe that this evil is qualitativily different, belonging only to some radically bad people. I will make some considerations in the following posts, taking Todorov as a guide. *This is also why H. Arendt is not quoted for the moment

sabato 27 marzo 2010

Abécédaire per E.

Amore. Sei riuscito a non odiare. A volte hai avuto bisogno di un anestetico. Betulla. Albero russo, di legno bianco. Legno che con le tue mani grandi modellavi in forme a volte ingenue, tu che, nonostante tutto, eri riuscito a conservare un po’ di ingenuità. Comunismo. Aveva per te sapore di fame e odore di morte. Dolore. Il nostro ora. Il tuo, che hai portato dentro in silenzio. E. Sei tu, insieme a K. Famiglia. Il centro e la speranza per te. Gulag. Ti hanno rubato anni d’infanzia e di giovinezza, a spaccare le pietre. Perché avevi sangue tedesco. Perché? Hockey. Elegante sui pattini (ma elegante lo eri sempre), sei stato allenatore e quando non potevi più, andavi a vederlo giocare con l’orgoglio di padre e di nonno. E quando non potevi più neanche questo, alla televisione. Ironia. Mio figlio l'ha presa da te. Un insieme di comprensione per l’essere umano e di conseguente tristezza, con guizzo finale. Le tue donne: tua moglie, sempre, la persona di cui più soffrivi l’assenza e tua figlia. Miramare. Un po’ di spensieratezza. Nostalgia. Ce l'avevi addosso, non so se per quello che non avevi vissuto o credevi di non essere riuscito a essere. Occhi. Avevi degli occhi blu bellissimi, guardavi dritto la persona con cui stavi parlando. Uomo di poche parole, raccontavi molte storie. Onestà. Eri tanto onesto, con te stesso e con gli altri, che ti facevi male. Ore kushatj. Non so che lingua è, ma so cosa vuol dire: rotolarsi con i nipoti cercando di mangiare loro le orecchie e ridere tutti quanti. Pravda, il cui unico utilizzo era stato per anni come carta igienica e me lo raccontavi, gigante che eri, con un sorriso quasi birichino. Pipa, che riempivi e svuotavi. Risate. Rare, riuscivano ad appianare le tue rughe. R Tuo figlio, il maschio (:-)), che era riuscito ad andare in Francia, paese che era stato per te sinonimo di libertà e di bellezza. Sacrament. Quando ti arrabbiavi. Scacchi, accanto alla finestra nel salone. Tristezza, la tua quando mi raccontavi che ora, che non c’era più Stalin, alcune delle persone che conoscevi stavano peggio di prima. Università. Nonostante gli anni rubati, sei riuscito a studiare e a insegnare. Vysotsky. C’è una canzone in particolare che mi fa pensare a te: Ja ne liubliu. AntoEnglish (not really this time) Cette fois en français, pour toi. Je ne vais pas traduire ce que j'ai ecrit, je copie la traduction anglaise d' une chanson, Ya ne lyublyu, qui me fait penser à toi. How I destest How I detest the fatal final curtain! I never find life dull or wearying. I've got no time for any time or season When I don't have a cheerful song to sing. I've got no time for cynicism cold, nor Can I be fooled by hankerings for the Grail. I hate when people peer over my shoulder And crane their necks to try to read my mail. I can't stand those whose actions are half-hearted, Or who interrupt a cordial exchange; Or shoot you in the back, an easy target, Or pull a gun on you at point-blank range. I can't stand idle talk in any vein, The worms of doubt, the needles of false praise, Or things that are meant to go against the grain And grate your nerves like metal scraped on glass. I don't like self-assured complacency. You're better off being hanged and letting rip. I don't like those who forget all decency And give an eager ear to slanderous gossip I don't feel sympathy for damaged limbs Or broken wings - lame ducks I can't abide. I don't like bullies or acquiescent victims Yet pity moves me for Christ crucified. I hate it when I've played the coward's part. I hate to see the guiltless victimized. I hate when people pry into my heart, The more so when it's spat on and despised. I can't abide the stadium or ring Where all is vilely cheapened and defied. Whatever alterations time may bring To these I know I wont be reconciled. Vladimir Vysotsky

domenica 14 marzo 2010

Faccetta nera

Internazionale di questa settimana riporta un articolo di Le Monde su "La Faccia Nera dell’Italia" (http://www.lemonde.fr/opinions/article/2010/02/27/la-face-noire-de-l-italie_1312210_3232.html), che inizia parlando dell'emozione che il Bel Paese susciterebbe negli europei. Un’emozione raccontata da Stendhal, da Nietzsche e da Freud. Bei posti, buona cucina, grande arte e cappuccino (sì, giuro, viene citato anche il cappuccino). L'articolo continua contrapponendo queste meraviglie alla faccia nera dell’Italia, già dipinta da Manzoni che ne I Promessi Sposi annuncia, secondo la giornalista francese, gli scandali e i misteri irrisolti svelati molto tempo dopo da Pasolini. Strano inizio. Sarebbe come se si introducesse il caso Clearstream - in cui l’ex primo ministro d'oltralpe era stato accusato, poi assolto, di aver voluto screditare il Presidente della Repubblica Sarko - parlando di Leonardo da Vinci alla corte di Francesco I e dissertando sulla baguette e i formaggi. Come se, a proposito dello scandalo sulle donazioni di Lord Ashcroft ai Conservatori, si fosse raccontato l’esilio di Mazzini nella Perfida Albione. Come se la bella Lucia Bosè servisse a discutere della brutta richiesta di sospensione del giudice Baltasar Garzón. Insomma, che c’entra? E gli italiani non sono anche loro europei? E dov'è il fil rouge che lega Manzoni a Pasolini? L'articolo continua raccontando il lato oscuro della Forza di cui saremmo preda e potrebbe essere interessante, forse. Ma c'è un altro punto che trovo come minimo azzardato, quando si parla, a proposito della tranquillità con cui l’opinione pubblica ha accettato la riscrittura storica berlusconiana secondo la quale l’Italia sarebbe stata governata nei 50 precedenti dal Partito Comunista, di "una una convinzione segreta e radicata secondo cui il governo naturale sarebbe stato il regine fascista, artificialmente interrotto dalla guerra e dalla disfatta militare". Ovvero, come si dice nello stesso articolo, non si è riusciti a educare il popolo italiano alla democrazia. Non mi resta che porgere saluti romani alla giornalista. AntoEnglish On this week Internazionale I read “The dark face of Italy", an article published originally on Le Monde (http://www.lemonde.fr/opinions/article/2010/02/27/la-face-noire-de-l-italie_1312210_3232.html). It starts by noticing how Europeans would always feel an emotion when the word Italy is uttered. An emotion told by Stendhal, Nietzsche, and Freud, elicited by beautiful landscapes, good cooking, great art and cappuccino (yes, the article quotes cappuccino too). It then goes on by opposing this to the dark face of Italyland, a side already grasped by Manzoni who, according to the journalist, announced scandals and mysteries later (much later) unveiled by Pasolini. Funny introduction: it seems as if, dealing with the Clearstream affair, in which the former French PM was accused, and finally cleared, of plotting to discredit President Sarkozy, one would have started by Leonardo da Vinci and Francois I or the baguette and cheese. As if , speaking about the donations scandal involving Lord Ashcroft and the Tories, one would have recalled Mazzini exile in the perfidious Albion. As if the beauty of Lucia Bosé would have been opposed to the ugliness of the proceedings to suspend judge Baltasar Garzón. In other words: what the hell all this has got to do with it? And Italians are not Europeans, too? Also, the link between Manzoni and Pasolini seems to me a bit odd. The article goes on by talking about the dark side of the Force and could be interesting, maybe. There is, however, another point which I find odd, to say the least. When it talks about how easily Italian public opinion has accepted the right governments story saying that the country was ruled by the Communist Party during the previous 50 years. This ready acceptance “reveals a secret and resilient convinction for which the natural government should be the fascist regime, artificially interrupted by war and the military defeat”. i.e. as the journalist says, Italians could never be educated to democracy. There’s nothing left to me but to greet the journalist with a Roman salute .

mercoledì 10 marzo 2010

My landscape is a hand with no lines

In Cina nel 2020 ci saranno fino a 40 milioni di giovani donne in meno rispetto agli uomini, secondo un articolo apparso sull’ultimo numero de The Economist, a causa delle disparità di natalità e di aspettativa di vita tra maschi e femmine. Un fenomeno che riguarda anche India, Corea del Sud, Singapore, Taiwan e che sta interessando alcuni paesi dell’Est. Perché? Prima vorrei fare una premessa: leggendo quest’articolo mi sono resa conto di quanto il mio post Ah les femmes... fosse eurocentrico e troppo leggero. Credo che la disparità di stipendio e la segregazione occupazionale siano fenomeni da combattere, (che si combattano poi anche le eventuali disparità che riguardano gli uomini, per rispondere a qualche commento:-)), ma credo anche che gli uomini e le donne tedeschi abbiano le capacità – per usare un termine di A. Sen – per farlo. Alcune giovani donne nel mondo invece no. La politica del figlio unico e gli sviluppi delle tecnologie per determinare il sesso del feto - per quanto importanti - non sembrano i principali fattori alla base della differenza di proporzione fra i sessi. Questa, proprio secondo Amartya Sen, è dovuta soprattutto alla mancanza di cure sanitarie e di cibo per le donne e in misura molto minore a infanticidi o aborti selettivi (che negli ultimi anni registrano comunque un aumento).
Secondo le mie letture sparse*, proprio Sen ha lanciato il tema delle “donne mancanti”: 100 milioni di donne mancavano all’appello nel 1990 e nel 2003 la situazione non era molto cambiata. Nel cercare una spiegazione, Sen ne scarta due: la prima legata alla cultura, per cui il maschilismo sarebbe una caratteristica orientale. Però in Giappone, Tailandia e Indonesia la proporzione tra uomini e donne è simile a quella “occidentale”; l'India poi da questo punto di vista è divisa a metà: a nord e a ovest del paese la proporzione è nettamente a sfavore delle donne, nel sud e nell’est si attesta sulla media europea. La seconda spiegazione verte sul diverso grado di sviluppo economico: cibo e cure sanitarie insufficienti per le femmine sarebbero legati al sottosviluppo di certe economie. Ma anche qui l’ipotesi non tiene, perché l’Africa ad esempio ha una proporzione di donne maggiore degli uomini. Secondo lo stesso autore è invece il lavoro remunerato ad essere associato alle maggiori aspettative di vita delle donne: in quelle aree geografiche in cui le donne hanno maggiore possibilità di lavorare e guadagnare, la proporzione fra i sessi è più equa. Sempre secondo Sen, il lavoro remunerato può essere lo strumento per combattere questa disparità di genere, che non colpisce solo le donne ma anche gli uomini (perché ad esempio, madri denutrite generano figli generalmente più soggetti a malattie cardiovascolari). Ho trovato interessante un ultimo punto: quando sono le stesse madri a preferire figli maschi in base a pregiudizi di genere, non basta la libertà di azione ma ci vuole anche quella di pensiero, cioè l'abilità e la volontà delle donne di mettere in discussione i valori tradizionali. AntoEnglish China in 2020 will have up to 40m less young women than young men, as stated in an article on The Economist last issue. This is due both to natality and life expectancy differences between men and women not only in China, but also India, South Korea, Singapore, Taiwan and Eastern European countries seem to follow the same pattern. Why? But first I feel the need to say something: by reading this article I realised that my post Ah les femmes... was very much Eurocentric and silly. I believe that wage differences and occupational segregation need indeed to be fought against (as well as inequalities towards men, to answer some comments I received:-)); however I also believe that German women and men have the capabilities – to use a Sen’s concept – to do it.
Some young women around the world have not. One-child policy and developments in prenatal sex-determination technologies are important but not determinant factors to explain sex ratios differences which, according to Amartya Sen are mainly caused by neglect of health and nutrition than infanticide or selective abortion, (though the latter is increasing). From what I've read*, it is precisely Amartya Sen who first spoke about “missing women”: 100m women were missing in 1990, and in 2003 the trend was confirmed.
While looking for an explanation, Sen discards two arguments. The first one emphasises cultural clashes between the East and the West, East being more gender-biased than the West. However he notes that Japan, Thailand, Indonesia show similar sex ratios to those found in Western countries. India is split in two: in the North and in the West is skewed while in South and in East ratios are similar to European ones. The other argument he rejects looks at stages of ecomomic development, seeing differences in nutrition and health care as typical of poor economies. Africa, however, presents a substantial excess of women. According to the author, empirical evidence suggests that “gainful employment” is associated to the relative survival prospects of women: in those areas in which women have a greater access to paid work, the sex ratio is more balanced. Always according to Sen, gainful employement is also a tool to prevent missing women. Moreover he notes that gender inequality hurts not only women, but also men (because, for example, sons of undernourished mothers are more subject to cardiovascular diseases). Last but not least: the fact that women in some regions prefer having boys to girls "call for not just freedom of action but also freedom of thought- women’s ability and willingness to question received values”. *Many faces of gender inequality in http://www.theindu.com/fline/fl1822/18220040.htm
More than 100 Million women are missing in http://ucatlas.ucsc.edu/gender/Sen100M.html
Missing wome-revisited, www.bmj.com, volume 327

sabato 6 marzo 2010

Viva Chile, mierda!

Pablo Neruda

In questi giorni ho pensato molto al Cile, ecco un personalissimo segno di affetto. Il mio primo ricordo legato a questo paese risale a più o meno trent’anni fa, a una frase di Salvador Allende che avevo scritto sul diario di scuola, uno di quelli anni ’80 gonfi di adesivi e colorati con pennarelli a punta grossa oro o argento. Diceva: al grano che abbiamo seminato non si può impedire di germogliare. Non so perché mi avesse colpito, sicuramente non sapevo che era una parte dell’ultimo discorso del Presidente. Ovviamente non ero di sinistra, sicuramente vivevo in un ambiente che lo era e in cui certi nomi, certe storie probabilmente risuonavano. Al di là di echi familiari, da bambina mi colpivano emotivamente alcune storie umane: un altro ricordo, che all’epoca non aveva nulla di politico, è legato allo sciopero della fame e alla morte di Bobby Sands. La maestra ci aveva dato come compito quello di riassumere un articolo di giornale e io trovai quello, che mi impressionò moltissimo e contribuì in maniera prima irrazionale, poi razionalizzata, alla mia profonda antipatia verso la Thatcher. Cinque anni dopo più o meno, in una festa in una casa londinese tra gente che parlava una lingua incomprensibile, ricordo vagamente ma con estrema gratitudine un esule cileno che, parlandomi in spagnolo, riuscivo a capire. I miei ricordi si interrompono qui; non sono diventata appassionata di America Latina, anzi fino a poco tempo fa non mi piaceva la sua letteratura (quel poco che conoscevo), la salsa – che è centroamericana - e il reggaeton non mi piacciono ancora. Negli ultimi anni sono andata più volte in Cile. Sono rimasta senza parole davanti a certi cieli stellati, all’oceano, al deserto abitato da animali (io che prima avevo sempre pensato al deserto come spazio vuoto), a montagne infinite, a cozze gigantesche, a certi vulcani che avevo visto solo disegnati da Hokusai. Tranne che nelle città più grandi il Cile è, per me italiana, praticamente disabitato: capita spesso di trovarsi davanti a un pezzo d’oceano da soli. La prima volta che sono andata sono rimasta stupita dal numero di nostalgici della dittatura da me incontrati. Il loro principale motivo era l’ordine sociale unito al benessere economico, conseguenti a loro avviso al Golpe. Cosa che ho sentito anche in Italia, da persone di ogni credo politico. Nonostante trovi divertenti alcuni aforismi di Milton Friedman, non sono mai stata d’accordo con questo genere di analisi. Ho incontrato anche molte altre persone che nostalgiche di Pinochet non erano mai state. Giovani nati in paesi europei, in cui i genitori avevano trovato asilo, alcuni poi ritornati nel loro paese di nascita, perché si sentivano più svedesi (per dire) che cileni. Ho saputo che i miei coetanei cileni, mentre io scrivevo sul diario e riassumevo articoli per la maestra, non potevano studiare Kafka, Flaubert, Dickens perché nei loro libri di scuola questi scrittori corruttori di giovani menti non c’erano. Ho conosciuto alcuni che avevano inizialmente, solo inizialmente, sostenuto Pinochet, che vivono da allora insieme a persone che erano state accusate di terrorismo per aver sostenuto Allende. Ho letto libri, me n'è rimasto dentro uno in particolare: La Conjura, Monica Gonzalez, Ediciones B. E non posso non pensare ad un’altra persona che ha molto a che vedere con l’America Latina per me. Un signore distinto e ironico, affascinante e intelligente, che è stato un guerrillero in quei paesi. Per me, che avevo due anni quando la Moneda andava a fuoco, quando tagliavano le mani a Victor Jara prima di ammazzarlo, questa persona e il Cile sono la testimonianza che a un certo punto il sogno sembrava possibile, un sogno fatto di uguaglianza e di equità.

E rimango ammirata dalla forza che fa sì che, dopo la tragedia, si vada oltre. AntoEnglish I’ve been thinking a lot about Chile over the last days. Here’s a very personal sign of affection. My first memories of Chile date back to thirty years ago, with a quote by Salvador Allende I wrote on my diary, saying: "the seeds which we have planted in the good conscience of thousands and thousands of Chileans will not be shriveled forever". I don’t remember what impressed me about it, certainly I did not know it was part of the last words spoken by the President. Obviously I was not a left wing child, but I certainly was living in a leftist environment in which certain stories and certain names resounded. Besides this milieu, when young I was often emotionally touched and concerned about certain human stories: I remember very well Bobby Sands’s hunger strike and consequent death. I had to sum up a news article for school and I found his story, that impressed me very much and contributed to my irrational distaste, later rationalised, for M. Thatcher. Then my memories stop, I have not become a South American fan, I have not liked its literature (at least what I had read) till recently, and I still don’t like salsa and reggaeton. Over the last years I went a few times in Chile. I remained speachless in front of some starry skies, the ocean, the living desert (I had always imagined the desert as an empty space), the never ending mountains, the gigantic mussels and those volcanoes, which I had only seen in Hokusai drawings before. Besides the big cities, it seemed to my Italian eyes an unmanned country: it often happens to find yourself alone in front of the ocean. The first time I went, I was impressed by the – too many for me being European- supporters of Pinochet. Their main reasons were order and economic wellness, brought in their opinion by the military coup. I’ve heard the same thing in Italy, both from right and left wing people. Even if I find some Milton Friedman quotes funny, I have never agreed with this kind of analysis. But I’ve also met people who have never liked Pinochet and his deeds. Young Chileans born in Europe, some of them feeling out of place in what they felt was more their parent's country, and for this reason wishing to go, for example, back to Sweden. I learnt that Chileans of my age, while I was writing quotes and summaries of articles for school, could not read Kafka, or Dickens, or Flaubert as these modern writers could corrupt their young minds. I also met people who initially supported Pinochet and have lived since then with others who were charged with terrorism by the regime because they supported Allende. I read books and I like one in particular: La Conjura, Monica Gonzalez, Ediciones B. Thinking of Chile always makes me think of a man I know, an ironic and distinguished gentleman, clever and fascinating, who was a guerrillero in few South American countries. For me, I was 2 years old when la Moneda was bombed and Victor Jara had his hands amputated before being killed, this person and Chile are the testimony that there was a time in which the dream seemed possible, a dream made of equity and equality. I am deeply admired by the strength that makes people go on after a tragedy.

Sister Act, ovvero gli elettori sono stupidi

Una suora con le tette di fuori è il candidato perfetto per il Lazio. In succo, il senso dell’articolo che ho letto su L’Espresso, in cui un giornalista analizza cosa dovrebbe fare per vincere una candidata, in questo caso preciso Emma Bonino*. Ma prima un piccolo gioco: quali sono le associazioni che ci vengono in mente se pensiamo a E.B? Credo che il top of mind di Emma includa: referendum su divorzio e aborto, legalizzazione delle droghe leggere, abolizione della pena di morte, insieme a molte altre cose. Cioè, la candidata ha una personalità politica abbastanza definita, non sempre in linea con il Vaticono. Giusto? Ora il consiglio del giornalista è precisamente quello di non presentarsi “come governatore superlaico, forse addirittura anticlericale nella capitale del cattolicesimo, la città del papa! (Il punto esclamativo non è mio). Semplificando come mio solito mi chiedo: non è che si sta chiedendo a Emma un po’ di sano trasformismo italiano? Di far finta di essere quella che non è? Di fare forse come forse ha fatto la sua avversaria con il nucleare quando ha annunciato - sconfessando in qualche modo i partiti che la sostengono - che non si faranno centrali nucleari nel Lazio? Molti - tra cui io - si sono chiesti se in questo caso non si trattasse di captatio benevolentiae....
Se questo articolo fosse stato scritto alla presentazione delle candidature forse poteva essere anche utile. Ma se a tre settimane dal voto si chiede a Emma Bonino (che tra l’altro non mi sembra abbia condotto finora una campagna elettorale sulla Chiesa) di essere un po’ meno Emma e un po’ più suora, secondo me equivale a dirle di prender per scemi i suoi elettori.
E sulla stupidità del volgo votante l’analista rincara la dose quando cita i motivi del successo di Renata Polverini: “la scollatura…la capacità dialettica di rovesciare la frittata, la partecipazione ai talk show”. Mi sarei aspettata che l'autore entrasse nel merito delle tesi di Renata, non soffermandosi su banalità da Bar dello Sport. Ma soprattutto se fossi un elettore della Polverini non potrei non notare lo snobismo stupido e superficiale che l’autore ha nei miei confronti: se vince per la scollatura, chi la vota sceglie le tette.
*Ho già dichiarato le mie intenzioni di voto qui: http://scomunicandomi.blogspot.com/2010/01/forza-emma.html
AntoEnglish
A nun with big tits: this is the perfect candidate for next regional elections in Lazio, as I've just read on an Italian centre- left magazine. Indeed a journalist gives some advice on how a candidate for the next regional election should act in order to win. The candidate is Emma Bonino, on whom I’ve already commented.* In Italy most people will immediately associate Emma Bonino with her civil rights battles, which have been most of times opposed to those of the Vatican. In other words she has a very defined political personality. However, the journalist is advising her to give up some laicism, to be more of a nun if she wants to win in the city of the Pope. Simplifying as I always do, he is asking her to be less what she has always been. Notwithstanding the fact that Miss Bonino has not conducted her electoral campaign on the Pope, in my opinion the journalist is assuming that voters are stupid. If M. Thatcher, just to say, would have presented herself as a champion of Keynesianism, voters who would have believed her, would have been naïf. And he goes on on the voters stupidity when he talks about Miss Polverini, the opponent candidate. He writes that her political success in this campaign is due to “her décolleté, her ability to twist arguments and her participation to talk shows.” First, from a well known and respected journalist I would have liked an analysis of Miss Polverini political ideas and not on her anatomy. Secondly he is implying in a rather snobbish way that her voters would choose her for her tits. *here:http://scomunicandomi.blogspot.com/2010/01/forza-emma.html