domenica 6 giugno 2010

In this world there are only two tragedies. One is not getting what one wants, the other is getting it

Mentre scrivevo dei viaggi di lavoro, del fatto che ti portino dove non ti saresti mai sognato di andare e quasi mai dove saresti voluto essere per poi scoprire che comunque sono posti interessanti, mi è venuto in mente che a volte lo stesso accade nella vita adulta. Qualche sera fa parlavo con un'amica, che mi raccontava di voler tornare nella sua città d'origine, stanca ormai di non aver trovato a Roma quello per cui era venuta. Vivere cercando alcune cose per trovarne altre, non necessariamente peggiori o migliori ma semplicemente altre, non capita forse spesso nella vita adulta? Per me, come per la mia amica, le città sono i luoghi del bilancio tra aspettative e realtà. E mi chiedo a cosa sia legato questo bilancio, per chi ha vissuto sempre nello stesso luogo... a persone? Chissà. Sono andata a Parigi per diventare una filosofa e lì la mia carriera è finita prima ancora di cominciare. Sono andata a Londra per diventare ricca e non sono mai stata così povera come in quegli anni. Sono andata a Milano per viverci e ho venduto la casa che avevo comprato dopo soli sei mesi. Di Roma non dico, perchè sono ancora qui. Allo stesso tempo, a Parigi è nato mio figlio, a Londra ho frequentato la migliore scuola in cui sia mai stata, in entrambe le città ho conosciuto amici carissimi e a Milano ho imparato a fare quello che ora mi dà da vivere. Chi l'avrebbe mai detto:-) AntoEnglish As I was writing about business travels, about the fact that you end up in places you wouldn't have gone and seldom where you would have, and that in any event you find those places interesting enough, I thought something similar may apply to adult life. Some nights ago, I was with a friend who was telling me how much she wanted to go back to her hometown, being tired of not finding in Rome what she had come to look for. Unsuccessfully looking for something while finding another, not worst neither better just different, isn't a very common experience in adult life? For me as for my friend, cities are the way I assess expectations versus reality. I wonder what those who have been living in the same place use to do so... people? Who knows. I went to Paris to become a philosopher and my career ended before even starting, I went to London to become rich and I was never so poor as in those days, I went to Milan to settle down and I had to sell my house six moths after buying it. As for Rome, I will not say anything as I am still here. Yet, in Paris I had my child, in London I went to the best school I've ever been, in both cities I met very dear friends and in Milan I learnt what now earns my living. Who would have guessed?

sabato 5 giugno 2010

Play it again, Sam

Provo a tornare dopo una lunga assenza, lasciando incompiuto il mio “ragionamento” sul male. La complessità del tema è troppo grande per me, a un certo punto mi sono sentita stanca, perché…non ci si improvvisa pensatori. Nonostante creda fortemente nella capacità di ognuno di pensare*, lo ritenga un piacere estetico e un dovere morale, trovo anche che ci sia una differenza tra chi si esercita sempre in questo campo e chi lo fa per leisure. Davanti alla complessità mi sono sentita piccina, senza le capacità per portare avanti il discorso. Detto questo, i post mi sono serviti molto a dipanare un tema che mi portavo dentro da parecchio tempo. Dipanare in maniera incompiuta, ma è così che vado avanti. Mentre la mia inadeguatezza si faceva sentire, ho passato il tempo viaggiando per lavoro. Francia, Belgio, Inghilterra, Spagna, Slovacchia, pochissimi giorni a tappa. Viaggiare per lavoro è una cosa strana. Si incontrano molte persone del posto, per quanto mi riguarda molte di più di quando viaggio per turismo, ma in un contesto lavorativo, quindi regolato da codici di condotta precisi. In questo senso è un'esperienza interessante e faticosa nello stesso tempo, perchè mi costringe a cercare di superare le differenze culturali e di contesto con le persone. Quando viaggio per conto mio e mi sento stanca della differenza, mi posso mettere da una parte con un libro o fare una passeggiata per riprendere le energie. Al lavoro no. Se chi ti sta davanti ha una mimica facciale diversa dalla tua e non capisci nulla, devi tentare di capire comunque, magari affidandoti alle parole di una lingua che non è di nessuno dei due interlocutori. E quanto alla lingua franca, come si fa a sapere se certe incomprensioni sono dovute appunto alle insufficienti capacità linguistiche di entrambi o fanno parte di una tecnica di negoziazione un po’ furbetta? Se capisci che il tuo modo di fare per l’altro è sgarbato e devi immediatamente cercare di correggere il tiro, come fai se non conosci la cultura del posto? E in più non si può sbagliare, altrimenti il capo si arrabbia:-). Insomma è un apprendimento forzato, che per la maggior parte delle volte si svolge in posti dove uno non si sognerebbe mai di andare, come il mio primo – e ultimo per ora- viaggio negli States. In quattro giorni, volo intercontinentale compreso, sono andata in una minuscola cittadina vicino Boston e a Reno, nel Nevada. Mi sono ritrovata nel deserto del Nevada in un hotel-casinò gigantesco, con una statua bronzea di cinque metri di altezza raffigurante un cow boy con tanto di lazo, io che sogno la notte di andare nella grande Mela, perché sono cresciuta a telefilm americani, mi piacciono jazz e musical e voglio perdermi nel MOMA. Ma nello stesso tempo, quando mai avrei conosciuto certi posti, se non per lavoro?
AntoEnglish
I’m coming back after a long pause, leaving unfinished my "reasoning" on evil. The complexity of the topic is just too much for me and at a certain point I felt exhausted, because …you cannot feign to think, just out of the blue. Even though I truly believe in the ability of everyone to think* and I consider it both an aesthetic pleasure and a moral obligation, I also find a difference between constantly exercise your thinking and doing it for leisure. I felt myself so small facing this complexity, than I had to give up. Having saying that, those posts helped me to unravel a topic I have been randomly thinking about for a long time. Well…incompletely unravel, but that’s the way I go on. While experiencing my inadequacy, I have been travelling for business: France, UK, Spain, Belgium, Slovakia, each destination for a few days. Business travels are weird. You meet many people, as far as I am concerned many more than when I travel for leisure, but in a work contest, regulated by specific codes of conduct. In this way, I find them both interesting and tiring. You are forced to overcome cultural and background differences, while when I travel on my own and I'm tired of feeling misplaced I can always take a book or have a walk to gain back some energies. At work you cannot. If the person in front of you has a facial mimic very different from yours and you don’t understand anything, you have to rely just on a language, which most of the times is neither your interlocutor’s not yours. And with regard to this lingua franca, how do you know whether misunderstandings are due to insufficient language abilities or they are part of an astute negotiating tactic? If you realise your business partner finds your manners impolite, how on earth can you adjust them, not knowing the culture you've dived in? Moreover, you cannot make mistakes, or your boss gets angry at you:-). So it is a case of forced learning, taking place most of time where you would not even dream to go, as my first – and last for the time being- trip to the States. Four days, including intercontinental flight, to a small town near Boston and to Reno, Nevada. I found myself in the middle of the desert in a gigantic casino-hotel, with a five meters brass statue depicting a cowboy holding a laze, me who dreams at night to go to the Big Apple, who was brought up with American comedies, who loves jazz and musicals and would like to lose herself in the MOMA.
Well, at the same time I would never ever ended up in Reno, and many other places like it, if it wasn’t for the job.