sabato 27 marzo 2010

Abécédaire per E.

Amore. Sei riuscito a non odiare. A volte hai avuto bisogno di un anestetico. Betulla. Albero russo, di legno bianco. Legno che con le tue mani grandi modellavi in forme a volte ingenue, tu che, nonostante tutto, eri riuscito a conservare un po’ di ingenuità. Comunismo. Aveva per te sapore di fame e odore di morte. Dolore. Il nostro ora. Il tuo, che hai portato dentro in silenzio. E. Sei tu, insieme a K. Famiglia. Il centro e la speranza per te. Gulag. Ti hanno rubato anni d’infanzia e di giovinezza, a spaccare le pietre. Perché avevi sangue tedesco. Perché? Hockey. Elegante sui pattini (ma elegante lo eri sempre), sei stato allenatore e quando non potevi più, andavi a vederlo giocare con l’orgoglio di padre e di nonno. E quando non potevi più neanche questo, alla televisione. Ironia. Mio figlio l'ha presa da te. Un insieme di comprensione per l’essere umano e di conseguente tristezza, con guizzo finale. Le tue donne: tua moglie, sempre, la persona di cui più soffrivi l’assenza e tua figlia. Miramare. Un po’ di spensieratezza. Nostalgia. Ce l'avevi addosso, non so se per quello che non avevi vissuto o credevi di non essere riuscito a essere. Occhi. Avevi degli occhi blu bellissimi, guardavi dritto la persona con cui stavi parlando. Uomo di poche parole, raccontavi molte storie. Onestà. Eri tanto onesto, con te stesso e con gli altri, che ti facevi male. Ore kushatj. Non so che lingua è, ma so cosa vuol dire: rotolarsi con i nipoti cercando di mangiare loro le orecchie e ridere tutti quanti. Pravda, il cui unico utilizzo era stato per anni come carta igienica e me lo raccontavi, gigante che eri, con un sorriso quasi birichino. Pipa, che riempivi e svuotavi. Risate. Rare, riuscivano ad appianare le tue rughe. R Tuo figlio, il maschio (:-)), che era riuscito ad andare in Francia, paese che era stato per te sinonimo di libertà e di bellezza. Sacrament. Quando ti arrabbiavi. Scacchi, accanto alla finestra nel salone. Tristezza, la tua quando mi raccontavi che ora, che non c’era più Stalin, alcune delle persone che conoscevi stavano peggio di prima. Università. Nonostante gli anni rubati, sei riuscito a studiare e a insegnare. Vysotsky. C’è una canzone in particolare che mi fa pensare a te: Ja ne liubliu. AntoEnglish (not really this time) Cette fois en français, pour toi. Je ne vais pas traduire ce que j'ai ecrit, je copie la traduction anglaise d' une chanson, Ya ne lyublyu, qui me fait penser à toi. How I destest How I detest the fatal final curtain! I never find life dull or wearying. I've got no time for any time or season When I don't have a cheerful song to sing. I've got no time for cynicism cold, nor Can I be fooled by hankerings for the Grail. I hate when people peer over my shoulder And crane their necks to try to read my mail. I can't stand those whose actions are half-hearted, Or who interrupt a cordial exchange; Or shoot you in the back, an easy target, Or pull a gun on you at point-blank range. I can't stand idle talk in any vein, The worms of doubt, the needles of false praise, Or things that are meant to go against the grain And grate your nerves like metal scraped on glass. I don't like self-assured complacency. You're better off being hanged and letting rip. I don't like those who forget all decency And give an eager ear to slanderous gossip I don't feel sympathy for damaged limbs Or broken wings - lame ducks I can't abide. I don't like bullies or acquiescent victims Yet pity moves me for Christ crucified. I hate it when I've played the coward's part. I hate to see the guiltless victimized. I hate when people pry into my heart, The more so when it's spat on and despised. I can't abide the stadium or ring Where all is vilely cheapened and defied. Whatever alterations time may bring To these I know I wont be reconciled. Vladimir Vysotsky

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