sabato 20 febbraio 2010

Le sombre accablement d'être en ne pensant pas

“Ci sono due pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: "Salve, ragazzi. Com'è l'acqua?" I due pesci giovani nuotano un altro po', poi uno guarda l'altro e fa "Che cavolo è l'acqua?"»*. Cosa ha fatto il pesce? Ha pensato (che, bisogna ammetterlo, per un pesce è un po’ strano). Pensare è da una parte anche quella una virtù un po’ fuori moda – che non serve, come mi dicevano quando studiavo filosofia: ma a che serve? - ma nello stesso tempo è considerata un’opera tanto ardita che solo alcuni possono: o gli studiosi o le menti eccelse. Chi non lo fa di mestiere perde il suo e il tuo tempo. Ebbene:-) io credo che riflettere sia prima di tutto una grande gioia, e poi una gioia tutta umana. In altre parole, come diceva Cartesio, il buon senso è la cosa più diffusa tra gli uomini (e le donne aggiungo io, accidenti a Cartesio). Quindi tutti noi in principio abbiamo la dignità di pensare e poter esprimere i nostri pensieri. Anzi, dato che scomunico, credo che pensare sia persino un dovere. Quando studiavo filosofia mi piaceva, tra le moltissime cose che mi piacevano, la definizione che Kant dava del secolo dei lumi: "l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stessi è questa minorità se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi del proprio intelletto senza esser guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza." E’ un po’ altisonante...ma è Kant:-). E l’accostamento tra coraggio e pensiero è per me affascinante. Però, continuando con Cartesio, non è facile avere le idee chiare e distinte. Cioè, dico io abbandonando Cartesio, non è facile avere un pensiero originale o profondo. Non è facile non dire ovvietà, non cadere in contraddizioni, ed è difficilissimo dire cose nuove. Proprio nella pretesa di originalità si nasconde un nemico, l’ego che porta a dire stupidaggini, qualche volta - se si è dialetticamente abili - vestendole di verità. E pensare seriamente, vuol dire fatica, applicazione; pensare qualcosa di nuovo vuol dire anche genio. D’altro canto lasciando solo agli studiosi il privilegio di pensare, sento come se ci stessimo privando del diritto tutto umano di farlo, rendendoci sempre un po’ più schiavi. AntoEnglish “There are these two young fish swimming along, and they happen to meet an older fish swimming the other way, who nods at them and says, "Morning, boys, how's the water?" And the two young fish swim on for a bit, and then eventually one of them looks over at the other and goes, "What the hell is water?"* Well, what does the fish? It thinks, (which, I must admit, it’s a funny thing for a fish). To think is on one hand one of these old-fashioned virtues,- quite useless as people used to tell me when I was studying philosophy: what do you need it for? – while on the other it is considered such a bold thing that only experts and towering minds can dare. Who doesn’t do it as a profession, is simply losing his/her as well as your time. Well :-), I believe that reflecting upon things is first of all a great joy and secondly a properly human one. In other words, according to Descartes, good sense is the most equally distributed thing among men (and women I would add, sacré Descartes!). Then each and every one of us has in principle the dignity to think and express his/her thoughts. As I am excommunicating, I would even say the duty to think. When I was studying philosophy I liked, among many other things, how Kant defined Enlightenment: "a man's emergence from his self-imposed immaturity. Immaturity is the inability to use one's understanding without guidance from another. This immaturity is self-imposed when its cause lies not in lack of understanding, but in lack of resolve and courage to use it without guidance from another. Sapere Aude! Have courage to use your own understanding!" It’s a little bit grand, but it’s Kant:-). And I have always found fascinating this relation between courage and thinking. However, continuing with Descartes, it is not easy to have clear and distinct ideas, or in my words, to have an original or deep thought. It’s not easy not to say trivialities, not to be caught in contradiction, and it is very difficult to say something new. Pretending to utter something unheard before hides an enemy of thought, the ego, which leads one to say stupid things and sometimes, if one is good at words, making them up as if they were thruths. To seriously think means pain, discipline and to think something new involves also to be a kind of a genius. Yet, by giving to the experts the privilege to think I believe we are losing a bit our human right to do it, and making ourselves a little more slaves. * David Foster Wallace at Kenyon College, May 21, 2005

7 commenti:

  1. Anto, non pensare è impossibile, una condizione tanto difficile, che certe scuole di pensiero orientali la fissano come traguardo da raggiungere, e solo per momenti brevi, attraverso una lunga pratica di vari esercizi. E lo si fa tanto naturalmente, che è come l'acqua per i pesci dell'aneddoto. Ci sono tuttavia mille modi di pensare, con o senza attenzione, facendo o non facendo attenzione, ragionando oppure usando frasi fatte o modelli altrui al posto del ragionamento proprio. Nessuno sforzo per riflettere realmente su qualcosa va disprezzato; e certamente non è solo il pensiero dei grandi pensatori che ha diritto ad essere espresso. Prima di tutto, perché nessuno sa se è un grande pensatore. Quindi, se il principio fosse quello che solo il pensiero dei grandi pensatori ha diritto ad esprimersi, nessuno esprimerebbe il proprio. Ovvero: lo esprimerebbero solo gli arroganti, quelli convinti di essere dei geni. Non dico che tra le persone così non ci siano grandi pensatori, ma non certo tutti lo sono.

    Inoltre, anche il pensiero di chi non è un grande pensatore ha diritto di espressione. Per le altre persone, esso contiene spesso cose interessanti. Per sé stessi, l'espressione è importante, perché solo esprimendosi, spesso, i pensieri si completano, si sviluppano, mostrano le proprie difficoltà e ti costringono a trovare il modo di superarle. E questo brusio di frasi dette e scritte, che riempie il mondo, è il vivaio delle idee intelligenti che ogni tanto vi appaiono. Con vari livelli d'intelligenza, dal buon senso alla genialità. E tutto questo è altrettanto utile, altrettanto inutile, e sommamente importante.

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  2. Si e no. Touché perchè "pensare" è una parola polisemica, che avrei dovuto meglio definire. Ma per i due pesci non è naturale, è proprio questo il succo della storiella. Non hanno mai pensato fino a quel momento su che cosa fosse l'acqua! Sono stata in forse se citare anche Platone, che si troverebbe d'accordo con Wallace in questo caso, quando dice che la filosofia nasce dalla meraviglia. Il pesce infatti chiedendosi cos'è l'acqua si meraviglia di una cosa tanto normale da darla per scontata.
    In questo senso forse pensare potrebbe definirsi come pensare su tutte quelle sulle quali non abbiamo finora pensato, dandole per scontate. Ma è sicuramente restrittivo e sicuramente ci sarà qualche contraddizione implicita.
    Per tutto il resto sono d'accordo con te.

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  3. Sono d'accordo che spesso il pensiero interessante è quello che nasce dalla meraviglia, ovvero dal rendersi conto del fatto che una cosa data per scontata può essere oggetto di attenzione, oppure dal fatto che si scopre che esiste una cosa che era tanto comune da non pensare neanche che esistesse (mia interpretazione dell'aneddoto di Foster Wallace), o ancora dal fatto che qualcosa che si è sempre visto in un certo modo può essere interpretato in un modo diverso. E' un tipo di pensiero che mi affascina e mi piace. Un tipo di pensiero in apparenza semplice, ma impossibile da avere senza la meraviglia, o senza qualche tipo di illuminazione.

    Mi correggo: non è IL pensiero interessante, nel senso che non è il solo tipo di pensiero interessante. Ci sono pensieri interessanti che nascono dalla lunga raccolta di dati, o da laboriose rielaborazioni di cose già note.

    Immagino che spesso quel tipo di pensiero non nasca di punto in bianco, ma che sia favorito molto dall'espressione di ciò che si pensa, nelle conversazioni o nello scrivere. Mi sembra che su questo tu sia d'accordo.

    Però certo non tutte le espressioni sono egualmente legittime. Quando Guillaume mi attacca delle pippe utilizzando solo schemi banali e comuni, mi sento legittimato nel non volerlo ascoltare. Oppure quando chicchessia usa sempre gli stessi schemi, dopo un po' non è più interessante. Ma quando si incontra una persona nuova, è sempre interessante starla ad ascoltare.

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  4. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  5. Eccomi, l'avevo eliminato perchè c'erano veramente troppi (persino per me) refusi.

    Arrivo su quello che dici, ma mi era venuta in mente un'altra cosa sul tuo primo post.
    Tu dici che non pensare è impossibile. Infatti, in un certo senso. E ho citato Cartesio. Tutti pensano, e fin qui siamo d'accordo, la differenza per lui era avere idee chiare e distinte (la verità), mentre io ho banalizzato un pò..
    Sul tuo secondo post sono d'accordo con te. E in due modi: il primo lo trovi anche nel mio primo post su Truth is rarely simple...dove la sincerità, il dire la prima cosa che passa per la testa, è nemica della riflessione.
    Il secondo è una contraddizione in cui sono caduta in questo blog: quando ho detto che sono d'accordo sulla massima di Voltaire - che poi di Voltaire non era - per cui darei la vita per la libertà di espressione del mio avversario (beh non esageriamo:-)) e poi a proposito delle signore nell'autobus che commentano gli accadimenti di Rosarno ho detto basta. Fino a che punto, in questo caso, in una società multiculturale – ma non solo – il diritto di parola, di espressione del proprio pensiero è legittimo?
    Sono andata a riprendermi il buon Taylor sul Multiculturalismo, ma non l'ho ancora aperto....vedremo:-)

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  6. Sul primo punto, sul fatto che il dire la prima cosa che passa per la testa è cosa nemica della riflessione, non sono interamente d'accordo con te. Può essere un momento importante della riflessione (ricordi il pele-mele come prima tappa per fare una dissert?). E' nemico della riflessione, se ci si accontenta di quello, oppure, ancora peggio, lo si difende a spada tratta, per non ammettere che si è detta una cosa sbagliata, o parziale, o in altri modi difettosa. E' chiaro che la chiarezza (mamma, che brutta ripetizione!) è importante, e importanti sono le idee distinte. Ma sono un punto di arrivo, è difficile che siano un punto di partenza, salvo nelle persone particolarmente abituate a dibattere. A me è piaciuto molto, per esempio, come Robustelli ti ha dato ragione, dopo molto discutere, su due punti importanti, a Bruxelles.

    Sul diritto di parola, effettivamente quella frase è bella, ma forse era valida più nel contesto dell'assolutismo e della censura che in democrazia. Idealmente dovrebbe essere valida sempre (a parte che io, che già non credo di essere pronto a morire per le mie idee, figuriamoci se sarei pronto a morire perché i miei avversari possano esprimere le loro...), dovrebbe, dicevo, esser valida sempre, e piuttosto che con la proibizione, bisognerebbe arrivare con la convinzione a fare in modo che nessuno sia razzista o fascista. Ma, sia che il tempo e le condizioni richieste per convincere non ci sono, sia che non siamo capaci di convincere, sia che certa gente secondo me (mi accollo io tutta la responsabilità di questa idea) è troppo limitata per poter esser convinta, l'espressione di certe idee forse è meglio reprimerla. Non sono mai stato convinto completamente di questo, ma bò, forse sì.

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  7. A Piè:-), sei andato a vedere il post Truth ecc ecc sul pezzettino di Lodoli? Perchè io mi riferivo a quello...
    Sul secondo punto un problema è: chi decide se quello che uno dice è razzista/fascista/antidemocratico? E quindi chi deve convincere (dove chi convince ha in qualche modo dalla sua una verità)?? Ci torneremo su immagino:-)

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