domenica 25 aprile 2010

Oh Diogenes - 12, on bombs

…Le bombe di Hiroshima e Nagasaki sono state sganciate per terminare la guerra, per portare la pace, per detronizzare un regime militarista… Vediamo all’opera il male minore, il pensiero aritmetico, il noismo, la tentazione del bene e molte altre cose ancora. Seguo Todorov. Per terminare la guerra, si chiede al Giappone una capitolazione senza condizioni. Il paese non deve essere solo vinto, ma anche punito. Il Giappone durante i negoziati esprime la volontà di capitolare ma ad alcune condizioni, per esempio quella di mantenere le strutture tradizionali, in particolare l’imperatore. Rifiuta l'ultimatum e la guerra continua. Secondo una formula comune, le bombe avrebbero ucciso vite giapponesi (320.000 tra Hiroshima e Nagasaki), ma avrebbero risparmiato un milione di vite americane. Qui tra male minore, noismo e etica aritmetica, ce n’è per tutti. E si chiede Todorov, possiamo contabilizzare le morti virtuali? Il corso degli avvenimenti avrebbe potuto prendere un’altra strada. Ancora: la capitolazione incondizionata era indispensabile (visto che poi l’Imperatore è rimasto?) E se anche lo fosse stata, era indispensabile lanciare le bombe atomiche per ottenerla? Todorov enumera almeno quattro motivi alla base della decisione di sganciare le bombe: un effetto deterrente nei confronti di Stalin, la vendetta di Pearl Harbour, il razzismo antigiapponese e le bombe stesse, ovvero il pensiero strumentale che porta, una volta che la bomba esiste, a utilizzarla. Dal punto di vista morale, un’altra considerazione importante è che per un atto di tale magnitudine come la bomba atomica sono necessari moltissimi attori, con una conseguente frammentazione delle responsabilità. Nessuno si sente pienamente responsabile e tutti pensano in termini di mezzi invece che di fini.
Ed erano in molti a essere convinti che il bombardamento nucleare costituisse un atto di guerra legittimo. Nel 1956 l’università di Oxford decise di dare al presidente Truman, lo stesso della bomba, un dottorato honoris causa. Una sola professoressa, Elisabeth Anscombe, è contraria, in quanto le sembra difficile che l'uccisione di civili possa costituire un atto meritorio. Dice Todorov “I bombardamenti dei civili sono uno dei mezzi più efficaci e più utilizzati per ottenere la vittoria. Qualsiasi guerra totale confonde atto di guerra e crimine di guerra. Questo vuol dire che l’ultima nozione non ha più senso? O che ogni guerra totale è criminale?”. E quanto alla tentazione del bene Hiroshima mi insegna che non sono solo i regimi totalitari a partecipare al male, che il male è compiuto in nome del bene, ed è l’effetto di un pensiero che non coordina i mezzi ai fini. Come diceva Romain Gary “Quando una guerra è vinta, sono i vinti che sono liberati, non i vincitori”. Liberati dall’illusione di confondersi con il bene.
AntoEnglish
…Bombs were dropped on Hiroshima and Nagasaki to end the war, to restore peace, to remove from power a militarist regime… In this case we can see in action the lesser evil, the arithmetic of ethics, the usisms, the temptation of good, among other things. I’ll follow Todorov. In order to end the war Japan was asked to commit to an unconditional surrender. In other words, it needed to be not only won, but punished. Japan would have accepted the surrender but under certain conditions, for example the maintain of traditional structures of power (the Emperor). So the ultimatum was refused and the war went on. A common notion is that bombs killed Japanese people (320.000 ) but saved 1 million of American lives. Here nothing is missing: arithmetic of ethics, usism, lesser evil. And, as Todorov asks, how can we count virtual deaths? The course of history could have taken another path. Also, was unconditional surrender a necessity (given also that the Emperor remained)? And were bombs the only means to achieve this unconditional surrender? According to Todorov there were at least four reasons for which bombs were dropped: an act of deterrence towards Stalin, a vindication for Pearl Harbour, an anti-Japanese racism and the bomb itself, or better the instrumental thinking for which , once the bomb was ready, it was to be used. From a moral point of view it is important to note that many agents were necessary to achieve such an enormous act. Hence responsibility was fragmented, no one felt fully responsible for the bomb, thinking more in terms of means than of ends. Many were indeed convinced that this was a legitimised act of war. In 1956 the university of Oxford was to decide to give Truman, the same of the bomb, an honoris causa PHD. Only one Professor, Elisabeth Anscombe, disagreed claiming that to kill civilians did not seem a great action to her. Todorov says “ Civilian bombings are one of the most efficient and widespread means to win a war. Every total war blurs war actions and war crimes. Does it mean that the last notion has lost sense nowdays? Or that every war is a criminal one?” And as for the temptation of the good, Hiroshima teaches me that not only totalitarian regime commit evil, that evil can be said to be perpetrated to achieve good and that it is the effect of a reasoning that does not coordinate ends and means. As Romain Gary said “when a war is won, not winners, but losers are liberated”. Liberated from the illusion to mix up with good.

4 commenti:

  1. Anto,
    penso a dei casi in cui ti vorrei chiedere se si possono applicare gli stessi giudizi che dai qui sulla negatività della scelta di un male minore.

    Rischo di subire una grossa perdita finanziaria (per esempio, mi fa causa una persona che pensa di avere le carte per poter esigere da me 1.000.000 di euro). Il mio avvocato mi suggerisce di arrivare a un compromesso, dargliene 300.000, e lui lascia perdere la causa. Se faccio questa scelta, subisco un male, magari a torto, ma è un male minore.

    Una persona ha rapito mio figlio e mi ricatta. Se gli dò i soldi che chiede, è un male, ma minore di quello che subirei se ammazzasse mio figlio.

    Una ditta deve licenziare degli impiegati. Se licenzia delle persone che hanno 48 anni, queste non troveranno più lavoro. Se licenzia dei lavoratori che ne hanno meno di 30, questi hanno più probabilità di trovarne un altro. Se fa questa scelta, è un male minore?


    Una ditta versa in cattive condizioni finanziarie. Se licenzia alcuni lavoratori, riesce a sopravvivere, e gli altri conserveranno un lavoro. Se non licenzia nessuno, fallisce. E' sbagliato che scelga il male minore, consistente nel licenziamento di una parte dei lavoratori?

    Le Brigate Rosse hanno rapito Moro. Se si accolgono le loro richieste, Moro viene salvato, ma le Brigate Rosse acquisiscono prestigio e saranno tentate di moltiplicare questo tipo di azioni. Se rifiuto di trattare, e lascio che Moro venga ucciso, la mia scelta è scellerata?

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  2. Piero,

    il mio male minore è molto morale e un pò politico. E di un certo tipo: Quando per salvare alcuni faccio male ad altri.
    Non è per nulla economico. Siamo sempre al problema della polisemia. Ma forse la mia non è che una scappatoia?

    Vediamo: nel primo caso, su quale base la persona potrebbe esigere da te 1 milione di euro? E' il fisco e non hai pagato le tasse?

    Il figlio. Qui è complicato. Escludi a priori di chiamare la polizia. E sarebbe male minore pagare, perchè il rapitore non sarebbe condannato e potrebbe rapire ancora una volta. Mmmh. Potrei dire che mi sembra un pò virtuale, ma non mi convinco da sola.

    Sugli esempi economici secondo me esulano dal mio discorso. Ma se secondo te no, spiegami. Il ragionamenti economici sono quantitativi, poi ci dovrà pensare lo stato- secondo me- a quei problemi che il più o il meno non possono gestire.
    Le Brigate Rosse: bel caso. In realtà è stato secondo me più complicato di come tu lo poni. Giusto?
    Qui si vede una cosa secondo me. Il Gedankenexperiment, ovviamente secondo me, è utile in certi casi, ma inutile in altri. E' utile in particolare per sgrossare il pensiero delle contraddizioni più grandi (il caso del figlio?), ma poi secondo me è sempre più interessante parlare di fatti concreti. Perchè questi esempi concettuali presentano sempre un'alternativa più "manichea" della realtà. Per forza, devono individuare il punto cruciale.
    Non lo so, sto pensando al caso Moro... e a una cosa che voglio scrivere fra un pò. Io non ci avevo fatto caso, ma quando consideriamo certi casi non ci mettiamo mai - almeno io - dal punto di vista delle vittime. Sempre dei "perpetrators". L'ho letto anche da qualche parte, poi lo ritroverò.
    Comunque H. Arendt da qualche parte diceva che se qualcuno ti chiedeva con una pistola puntata sulla tua fronte chi doveva uccidere tra e l'altro accanto, beh quel qualcuno ti stava tentando (qualcosa di simile, non sono stata precisissima).

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  3. E poi c'è un'altra cosa. La frase di Gary. Io all'inizio non l'avevo capita. Ma secondo me quella e molte frasi di Levi e di chissà quanti altri, devono essere l'incipit. Lo so, io continuo a dire e questo no, e questo si e questo no e questo no ancora. Tuttavia, se pericoloso è il male, la tentazione del bene a volte non è da meno. Si capisce quello che voglio dire? Sperem

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  4. Pensavo e ripensavo al caso Moro. Stavo quasi per anticipare un post, ma è meglio che non lo faccia, abbi un pò di pazienza. Comunque, io sono stata sempre, da quando ho letto qualcosa, per la sua liberazione. O lo sono anche ora. Far uccidere - un innnocente - per la Ragione di Stato in generale è dubbissimo per me. E nel particolare c'è da chiedersi: quale Ragione? Di quale Stato? Nel caso Moro alcune delle risposte a queste domande sono tremende secondo me. Ecco un esempio di quello che dicevo degli esperimenti concettuali rispetto ai fatti concreti: gli esperimenti concettuali ti mettono davanti a un'alternativa "semplice", e non ti permettono di interrogare su altri fatti attinenti, o meglio di interrogarti:-), che forse sono quelli più dell'alternativa che possono darmi delle indicazioni.
    Mentre scrivevo il post sul male minore pensavo a quella frase di Don Milani che dice inizia così "Se voi avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri". Pensavo che forse per i Santi o er i Giusti il criterio di scelta del prossimo è il più bisognoso. Ma se non sbaglio i Giusti sono un numero limitato, grande saggezza dell'ebraismo.
    A noi finiti e ingiusti non resta che la considerazione tragica di Levi su Caino e Abele, sull'acqua all'amico e non agli altri. Quindi per tornare al caso del figlio, salverei mio figlio cercando per quanto possibile di aiutare la polizia a prendere il criminale. Non vedo troppo il male qui, ma il tragico. E mi ricorderei di Gary appunto, perchè bene non ho fatto. Per me i pensieri sul male minore, sull'indifferenza ecc ecc sono soprattutto paletti di attenzione. Sono modi per dirmi "Attenta! quello che ti sembra è veramente così?".

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