sabato 10 aprile 2010

Oh Diogenes - 8, on superfluity

Non mi soffermo sulle differenze specifiche degli orrori accaduti nei totalitarismi del XX secolo (perché neanche le conosco tutte), però vorrei citare un paio di considerazioni della Arendt. Mentre nega una "satanica grandezza" del male totalitario dice però di vedere una differenza tra un uomo che ammazza una vecchia zia e persone che hanno costruito “fabbriche per produrre salme.” Forse - aggiunge - la differenza consiste nel fatto che nel caso del Nazismo, si è trattato non di “uccidere essere umani per ragioni umane, ma di un tentativo organizzato di estirpare il concetto stesso di essere umano.” Sono d’accordo per quanto capisco: il "tentativo organizzato” mi sembra specifico di alcune determinate situazioni o regimi. Purtroppo non arrivo a capire cosa intenda la Arendt con “il concetto dell’essere umano” (se qualcuno lo sa, mi aiuti per favore). In un’altra lettera a Jaspers definisce il male radicale come quello che rende gli esseri umani superflui. Il numero conta: il male nega il plurale e il pluralismo. Ein Volk, Ein Reich, Ein Fuhrer. E questo, continua la Arendt, a causa di una illusione di onnipotenza. Tradendo il suo pensiero e generalizzando ancora una volta, la superfluità può aiutare a definire un'azione malvagia. Qualche post fa dicevo che questa consisteva nel considerare l'altro non come un essere umano al mio pari, cioè posso precisare ora, nel considerare l'altro superfluo. Chi commette azioni crudeli prende il posto di dio, considerandosi onnipotente e in questo modo nega la necessità di altri, uomini e donne. Intesa così, la superfluità si applica a molti casi, dalle stragi di vicinato a quelle commesse dai regimi. E per assonanza, mi ricordo di quanto dice Sofri nel suo libro Chi è il mio prossimo? a proposito di come vengono chiamati i barboni in alcuni paesi dell’America Latina: desechable, ovvero usa e getta. AntoEnglish I won’t sum up the specificities of totalitarian horrors (also because I don’t know many of them), but I would like to quote once again H. Arendt on the matter. While denying the “satanic greatness” of totalitarian evil she sees however a difference between the man who sets out to murder his aunt and those who build “factories to produce corpses.” And she goes on by adding that the difference is that what happened with Nazism was not to “kill human beings for human reasons, but that an organized attempt was made to eradicate the concept of human being.” As far as I understand I agree: the “organized attempt” seems to me specific of certain circumstances, alias regimes. Unfortunately I don’t catch what she means by “the concept of human being” (so please if someone does please tell me). In another letter to Jaspers on radical evil, she says that it consists on considering human beings as superfluous. The grammatical number is important: evil denies plurality and pluralism. Ein Volk, Ein Reich, Ein Fuhrer. And this, according to her, derives from a “delusion of omnipotence”. Betraying her thought and generalising once again, superfluity could help understanding what evil actions mean. I said in some previous post that an evil action is one in which the other is not considered as an human being, that is - as I can precise now - the other is considered as superfluous. Who perpetrates evil deeds takes the place of god and by assuming his/her omnipotence, denies the necessity of the others. In this sense, this definition of evil could apply to many situations, from neighbourhood massacres to those made by regimes. By assonance I remember what Adriano Sofri * says in one of his books about how tramps are called in some Latin American countries: desechable, that is disposable. * http://en.wikipedia.org/wiki/Adriano_Sofri

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